Cinefezza: Vite perdute.


  • Regia: Giorgio Castellani(aka Giuseppe Greco)
  • Con: Gianni Celeste, Maria Amato, Carlo Berretta, Alberto Farnese, Filippo Genzardi, Roberto Maffia, Maurizio Prollo, Giusi Randazzo, Salvatore Termini, Alfredo Li Bassi.  
  • Genere: Drammatico.
  • Italia 1992.
Gli anni 90' hanno conosciuto l'ascesa del neo-neorealismo, nuovo genere cinematografico che trainato da film come "Mery per sempre","Ragazzi fuori" di Marco Risi e "Le buttane" di Grimaldi, ambiva  a rappresentare senza ipocrisie né troppi fronzoli la vita degli strati più bassi del nostro paese.
Il semisconosciuto Castellani riprendendo in parte(proponendolo anzi quasi come seguito) il lavoro fatto coi film di Risi all'epoca, decise di rappresentare quella che era la sua visione della Palermo dei primi anni 90'; inutile dire che il risultato fu tanto brutto quanto eclatante, e per diversi motivi(di cui alcuni esulano dalla cinematografia) vado oggi a descrivere quello che è un Cinefezza molto particolare.

"Gesù prese il salame e lo tagghiò...."
Giorgio Castellani, alias Giuseppe Greco.

Piccola premessa prima di iniziare la recensione; Giorgio Castellani sconosciuto regista e produttore palermitano non era altri che Giuseppe Greco, figlio del più famoso Michele(detto "il papa"), uno dei più importanti e sanguinari boss di Cosa nostra, famoso per la sua arroganza tanto da arrivare a minacciare i giudici durante le udienze(oramai leggendario il suo "vi auguro la pace").
Da sempre appassionato di cinema Giuseppe si è spesso prodigato a spendere(ed a riciclare) la fortuna del padre nella produzione e nella regia di film che definire squallidi è un complimento mica da poco; Vite perdute non è altro che la visione malata e gretta che solo un mafioso può avere della società in cui vive, ed il solo fatto che questa pellicola esista la dice lunga sul periodo storico in cui è stata realizzata.

Spoiler a go-go; occhio.

Che brutta fine avete fatto.
Nuovo cinema malandrino.

Spiegare la trama di questo film è difficile, anche perché altrimenti dovrei andarvi a descrivere passo per passo ogni scena del film, visto che una vera trama non c'è e tutte le sequenze sono attaccate tra loro col nastro isolante tanto che si giunge forzatamente ad un finale totalmente inutile ed insperato, ma comunque voglio provare almeno a dare un mezzo incipit.
Un ragazzo povero ed innocente vuole a tutti i costi l'amore di una sua coetanea che però lo rifiuta sia perché non ne vuol sapere nulla del tipo, sia perché il padre è anch'esso(giustamente) contrario a questo rapporto; il poveretto quindi decide di far rapire la ragazza con la complicità di alcuni amici, solo che la cosa finisce in un inseguimento con la polizia che non porta altro che alla morte dei due piccioncini.
Emerge quello che è il vero protagonista del film, ovvero il tamarrissimo Rosario Raito(Gianni Celeste....sigh) che decide di vendicare l'amico uccidendo il padre padrone che non voleva il rapporto con la figlia(buco di sceneggiatura immane: nessuno dei ragazzacci conosceva il padre né tanto meno le sue intenzioni), da qui in poi si snoderà una serie di eventi casuali che introdurranno altri personaggi(tutti abbastanza inutili) con le loro miserabili vite ed ambizioni, in un mondo che non vede altro che soprusi e profondo egoismo.
Il regista -totalmente all'oscuro delle tecniche di narrazione dei film- imita spudoratamente Marco Risi cercando di confezionare una trama che racchiuda diversi personaggi e ne racconti le storie, ma fallisce totalmente perdendosi in un mare di situazioni che scimmiottano malamente e banalmente le cronache siciliane(rapine,omicidi,corruzione, etc); le intenzioni sono chiare fin da subito ma il risultato è pessimo.

Sacro e propano.
Un film neomelodico.

Castellani recluta per il suo film i ragazzi palermitani(tranne Benigno) che avevano così ben recitato in "Mery per sempre" e "Ragazzi fuori", cercando evidentemente di creare un filo conduttore tra il suo film e quelli di Risi, cosa molto utile che ci permette di poter paragonare i film già con le diverse prestazioni di questi sotto la direzione dei due registi.
Se con Risi si è potuta apprezzare la spontaneità di attori alle prime armi che si limitavano a interpretare loro stessi mettendoci oltretutto carisma ed una inaspettata professionalità con Castellani vediamo dei mesti pupazzi(tra l'altro pure doppiati, e non si capisce proprio il perché) senz'anima, che si muovono senza convinzione e senza la minima credibilità limitandosi a fare da spalla a Gianni Celeste(sigh!) per tutta la durata del film.
Discorso a parte per Gianni Celeste che da cantante di piazza neomelodico che inneggia al rispetto ed all'onore dell'onorata società camorrista, ascende qui al ruolo di attore principale di una farsa che strizza l'occhio(e non di poco) all'onorata società di Cosa nostra: vediamo il nostro sguazzare perfettamente a suo agio nel personaggio ritagliatogli da Castellani-oddio come attore pure lui è un cane senza precedenti(la scena del vomito è piuttosto eloquente), però di certo è l'unico credibile-.
Il film si concede anche alcune scene bizzarre e abbastanza fuori contesto come ad esempio quella in cui la ragazza di uno degli scugnizzi per legarlo definitivamente a lei sotto consiglio di una maga si taglia i peli del pube e glieli mette nel caffè; la reazione del tipo è ovviamente da scompisciarsi,ma la scena è raccontata con estrema seriosità.
Le scene d'azione(che non sono poche) sono rese malissimo ed accompagnate da una fastidiosa traccia metal che pare provenire da una cassetta pirata degli anni 60', anche se c'è da dire che grazie ai soldi investiti nel film(e sono tanti) qualcuna non è proprio così malaccio.
I dialoghi sono quanto di più stupido e "machista" possiate incontrare in un film del genere, basti dire che uno dei temi ricorrenti di tutto il titolo è quello della donna che deve essere sottomessa al marito/figlio/fratello, e nel caso contrario non è altro che una puttana da disprezzare.
Una delle più curiose caratteristiche del film è l'agghiacciante accostamento tra la religione e la mafia(nel film la si vive e la si respira, eppure non viene mai nominata la parola mafia, mah.): Rosario Raito ad esempio, che prova un rispetto inaudito per Gesù arriva ad inscenare l'ultima cena prima di una rapina.
Si notano diverse allusioni alla classe politica, come se fossero dei precisi messaggi "a chi di dovere", tanto che insieme a tutte le scene che raccontano i politici come corrotti, intoccabili e manovratori della "brava gente" possiamo sentire sempre il nostro Raito pregare Gesù Cristo paragonandolo all'onorevole Andreotti.
Inutile dire che il lato tecnico è un disastro bello e buono: alla sceneggiatura e recitazione aberrante si accostano una fotografia pessima unita ad una colonna sonora che sembra uscita dalla macchina di Tommy Riccio, e non voglio neanche descrivervi le evoluzioni e le bizzarre scelte stilistiche della regia nel montaggio delle scene.


Destinato chiaramente ad un pubblico di poche pretese questo film non cerca di documentare nulla né tantomeno di sensibilizzare alcuno, punta semmai a giustificare in maniera velata la manovalanza mafiosa che ingannata da una classe politica corrotta e infame, è stata usata prima e poi relegata nei maxi-processi dei primi anni 90'; una testimonianza brutta e malevola questo film, ma importante per meglio comprendere quel che agiva nella testa bacata di chi come l'onorata famiglia Greco ha flagellato e flagella la sicilia da sempre.


Francesco Arrigo.
.








.

Nessun commento:

Posta un commento